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Nicola Bulgari, ex dirigente della gioielleria Bulgari, proprietà del gruppo francese Lvmh, è stato condannato oggi a Parigi a una multa di 1,2 milioni di euro e la sua società “Tara” a 5,5 milioni di euro, per operazioni borsistiche collegate con il gigante del lusso nel 2016. La pena, negoziata con la procura nazionale finanziaria nel quadro di una procedura di patteggiamento, prevede anche una pena di 9 mesi di carcere con la condizionale per Bulgari, ritenuto colpevole di insider trading. Nicola Bulgari, 82 anni, ha ammesso di aver realizzato operazioni di acquisto e rivendita di azioni di Lvmh in base a un’informazione ottenuta il 5 luglio 2016 sulla crescita del gigante del lusso.
Fra il 12 e il 18 luglio 2016, Bulgari acquisì in 3 operazioni 20.000 titoli Lvmh con l’intermediazione di due operatori finanziari, JP Morgan e la Banca nazionale del lavoro. La società patrimoniale Tara, specializzata in finanza e immobiliare, acquistò da parte sua 82.600 titoli fra il 6 e il 15 lulgio in 8 diverse operazioni. L’insieme dei titoli fu rivenduto il 27 luglio dopo che, alla vigilia, Lvmh aveva annunciato forti crescite, innescando un aumento del titolo in Borsa. L’ex gioielliere realizzò una plusvalenza di 292.400 euro, e la sua società di 1,4 milioni di euro. Lvmh, numero 1 mondiale del lusso, conta oltre 75 marchi fra i quali Bulgari, acquisito nel 2011 dai fratelli Paolo e Nicola Bulgari. Al momento dei fatti, i due fratelli non erano più nel Cda. “Ho 82 anni – ha risposto Nicola Bulgari alla giudice che le chiedeva da chi avesse avuto le informazioni – ho pochissima memoria e non mi ricordo le persone che mi hanno suggerito di farlo”. “Riconosco quello che ho fatto, mi sento colpevole”, ha aggiunto.
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“Una decisione folle e sconcertante” per il governo italiano. Ma da tempo “attesa” dall’automotive. L’addio dell’Europa ad auto e furgoni nuovi a benzina e diesel dal 2035 – suggellato dal voto finale della plenaria del Parlamento europeo dopo una lunghissima trafila legislativa – è diventato ormai incontrovertibile, scatenando l’ira del vicepremier Matteo Salvini. Che dal suo account di Instagram ha attaccato Bruxelles, tacciandola di una decisione mossa da “ideologia, ignoranza o malafede?”, che va “contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio degli interessi cinesi”.
Eppure, nel frattempo, è stata la stessa Commissione europea a spingersi ancora più là, con una nuova proposta per i trasporti e l’energia che muove ora i suoi primi passi: dal 2030 anche gli autobus dovranno essere a emissioni zero e per i camion ci sarà un taglio del 90% delle CO2 entro il 2040. La rivoluzione dell’automotive – già licenziata dallo stesso Europarlamento sul finire dell’ottobre scorso e dai governi europei in un negoziato da guinness dei primati durato diciassette ore nell’arena di Lussemburgo a giugno 2022 – nella visione dell’Ue segna un passo decisivo per portare il Continente sulla via delle emissioni zero nel 2050. E i punti tracciati restano invariati: lo stop a benzina e diesel per auto e furgoni nuovi sarà nel 2035, con un target intermedio al 2030, termine entro il quale i costruttori dovranno ridurre del 55% le emissioni delle nuove auto immesse sul mercato e del 50% quelle dei nuovi veicoli commerciali.
L’unico appiglio per una possibile revisione resta allora la roadmap per il monitoraggio di Bruxelles, che entro il 2025 presenterà una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di Co2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato continentale e nel 2026 valuterà anche la possibilità di mantenere motori ibridi o che utilizzano gli ecocarburanti (e-fuels). Obiettivi comunque da completa “eurofollia” per la compagine di governo, che dai banchi di Strasburgo ha espresso compatta la sua opposizione con il voto contrario di tutti gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Anche se, ha fatto notare sul fronte opposto il capodelegazione del Pd, Brando Benifei, “i rappresentanti del governo italiano al Coreper (al tavolo degli ambasciatori Ue, ndr) avevano dato il via libera al testo dell’accordo”.
La contrarietà della maggioranza di governo non è tuttavia bastata a cambiare il corso degli eventi: gli eurodeputati – pur divisi al loro interno e con l’asse tra Socialisti e Popolari ancora una volta sgretolato – hanno votato sì con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni. Confermando un provvedimento che all’Italia sorride soltanto per la deroga di un anno concessa ai produttori di auto di lusso della Motor Valley come Ferrari, Lamborghini e Maserati. Incassato l’infausto verdetto ora il governo deve correre ai ripari con una “exit strategy” già disegnata dal ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto.
Le direttrici da seguire sono, nelle sue parole, due: “una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli” e “spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive”. Un modo anche per salvare quei posti di lavoro finiti al centro anche di un tavolo tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con Stellantis. E che restano in cima alle priorità anche per tutto il comparto che, negli auspici dell’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia), resta aggrappato all’appiglio delle possibili revisioni intermedie Ue, a partire dal 2026. Nel frattempo però Bruxelles ha già rilanciato, giocandosi il carico da novanta sui mezzi pesanti: anche i bus cittadini dovranno essere a zero emissioni dal 2030 e per i camion le emissioni di CO2 dovranno scendere in modo progressivo del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040. Una rivoluzione appena agli inizi.
Dal 2023 Tim ritornerà a crescere in Italia dopo 6 anni e nel suo nuovo piano “prevede un’ulteriore accelerazione a livello di gruppo”. I target finanziari del piano 2023-2025 prevedono ricavi da servizi in crescita low single digit nel 2023 con il business domestico sostanzialmente stabile e il Brasile in crescita high single digit; la crescita media annua dei ricavi da servizi nel periodo 2022-25 sono previsti in crescita low single digit. L’Ebitda organico è previsto in crescita mid single digit nel 2023, con il business domestico stabile/in crescita low single digit e il Brasile in crescita low double digit. L’Ebitda organico è atteso in crescita nel periodo di piano mid single digit (tra il 3 e il 5%) in media trail 2022 e il 2025; l’Ebitda organico after lease atteso in crescita low to mid single digit per il 2023; l’Ebitda organico After Lease è previsto in crescita mid single digit media nel periodo ’22-’25; Gli investimenti previsti sono di circa 4 miliardi di euro nel 2023, stabili nell’arco di piano; a livello domestico sono previsti 3,1 miliardi di euro di investimenti annui. L’equity free cash flow after lease cumulato è atteso leggermente positivo in orizzonte di piano.
Si scrive DR 1.0 EV, si legge “Urban Revolution”. È l’ultima nata nell’azienda molisana DR Automobiles, una piccola full electric. “In DR, spiegano, l’abbiamo denominata “Urban Revolution. Riteniamo infatti che la DR 1.0 EV abbia tutte le carte in regola per essere una perfetta alleata soprattutto nelle grandi città ma più in generale nei contesti urbani. Basti pensare che ha 4 comodi posti in appena 3,20 mt. Senza tralasciare l’autonomia: ben 294 km nel ciclo urbano e 210 km in quello misto, con possibilità di extended range in caso di necessità”.
La DR 1.0 EV ha telaio in alluminio ultraleggero con traverse anticollisione ad alta resistenza. È rivestito da un body in materiale composito per un peso complessivo di 1.050 kg. Sospensioni anteriori Mac Pherson indipendenti e posteriori a ruote indipendenti.
Il pacco batterie, che sfrutta la tecnologia ternaria di ultimissima generazione (litio-ferro-fosfato), ha una capacità di 31 Kwh (garanzia di 8 anni).
Motore sincrono a magneti permanenti in grado di sprigionare una potenza di 45 Kw con una coppia di 150 Nm ed una velocità massima di 120 km. La trazione è posteriore.
Accelerazione da 0 a 50 km in 5 secondi.
Ottimi i tempi di ricarica: 4 ore per la slow con corrente a 6 Kwh e 35 minuti per la fast con corrente fino a 40 Kwh.
Esteticamente spiccano la calandra frontale, in perfetto family feeling DR, i cerchi in lega da 15”, i DRL ed i fari posteriori a Led.
In perfetta filosofia DR, la dotazione di serie è ricchissima: climatizzatore, infotainment da 9,7” con Android Auto ed Apple CarPlay, wireless smartphone charger, sistema keyless.
L’abitacolo è caratterizzato da materiali e finiture di pregio. Diversi inserti cromati contribuiscono a conferirgli un look molto POP. Quattro comode sedute ergonomiche rivestite in tessuto con il sedile del guidatore regolabile elettricamente.
I sensori di parcheggio posteriori e la retrocamera in HD facilitano le manovre di parcheggio.
“Lanciamo sul mercato la DR 1.0 EV , spiegano in Azienda, con una promo a scadenza che prevede € 1.000,00 di contributo DR che vanno a sottrarsi ai € 25.900,00 del prezzo di listino. In caso di rottamazione, in virtù dell’incentivo statale, il prezzo finale sarà di € 19.900,00. Con questo posizionamento il prodotto è estremamente competitivo. Full optional di serie e con la massima autonomia tra le più piccole city car full electric, non teme rivali. Senza rottamazione il contributo statale è di € 3.000,00, quindi il prezzo finale sarà di € 21.900,00. È possibile personalizzarla con l’allestimento POP (optional a € 600) in cui spicca il numero 1 sulle fiancate ed un grande punto esclamativo sul cofano.
Con l’arrivo della DR 1.0 EV, la gamma DR spazia ora dal Full Electric fino all’Ecodiesel (2.0 common-rail di ultima generazione già montato dal Pick-up EVO Cross4 e a breve anche dal Pick-up DR K8), passando per il Thermohybrid di DR 3.0, DR 4.0, DR 5.0, DR F35 e DR 6.0.
Una gamma completa insomma, in grado di soddisfare ogni esigenza di mobilità e di incontrare differenti capacità di spesa.
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